martedì 29 giugno 2010

Disubbidire agli ordini

La giustificazione dei soldati tedeschi che massacrarono milioni di ebrei e di altri innocenti durante la seconda guerra mondiale fu “abbiamo ubbidito agli ordini”. Tutti concordiamo che gli atti intrepidi, come farsi uccidere pur di non collaborare alle esecuzioni, sono lodevoli ma non obbligatori. Inoltre, dubitiamo che al posto di quei soldati avremmo saputo comportarci meglio.

Tuttavia, la vita quotidiana ci informa che la gente non ha una propensione gigantesca a ubbidire. Anche il bambino più imbelle respinge una pappa che non gli piace. Se gli ordinate di mangiarla si impunta. Se lo minacciate può darsi che inizi a mangiare, ma senza rinunciare a manovre subdole di boicottaggio: una lentezza esasperante, sbrodolamenti della pappa, a volte il rovesciamento accidentale della scodella.

È chiaro che i soldati di Hitler ricorsero di rado a manovre di questo tipo, altrimenti non sarebbero riusciti a rastrellare milioni di ebrei in tutta Europa in pochi anni. Ricordo che nel frattempo la Wehrmacht combatteva in Russia, bombardava l’Inghilterra, resisteva agli sbarchi americani, teneva sotto il tacco i francesi, gli italiani e il resto del continente. Agli ebrei dedicava giusto il tempo libero.

Alcuni commentatori ne deducono che evidentemente i tedeschi sono più ubbidienti degli altri popoli. Laurence Rees, un giornalista e storico inglese, osserva che però i leali servitori del Führer erano capaci di disubbidire quando si trattava di rubare:

"Ad Auschwitz [...] non c’è nessun caso noto di SS processate per avere rifiutato di prendere parte alle esecuzioni, mentre c’è abbondanza di documenti che mostrano che il vero problema di disciplina - dal punto di vista dei vertici delle SS - era il furto [ai danni degli ebrei o di altri]. Sembra perciò che i membri comuni delle SS fossero d’accordo coi vertici nazisti che uccidere gli ebrei era giusto, ma non con la politica di Himmler di impedire loro di profittare individualmente del crimine. E le pene per una SS colta a rubare potevano essere draconiane - quasi sicuramente peggiori che per essersi rifiutata di prendere parte attiva alle esecuzioni" (fonte).

A discolpa delle SS, sottolineo che c’è differenza fra rubare e rifiutare di prendere parte a un’esecuzione. Un ladro spera di non essere scoperto, mentre chi rifiuta di entrare in un plotone di esecuzione deve farlo apertis verbis, condannandosi a un castigo sicuro. Il paragone pertinente è tra il furto e le manovre di boicottaggio che i soldati avrebbero potuto intraprendere nell’ombra. In ogni caso se i soldati tedeschi fossero stati sinceri non avrebbero detto “abbiamo ubbidito agli ordini” ma “abbiamo ucciso gli ebrei perché i nostri superiori ci avrebbero fatto fucilare se ci fossimo insubordinati; sapevamo che lo avrebbero fatto anche se ci avessero sorpresi a rubare, ma in quel caso correvamo il rischio”.

(Parti precedenti / Continua)

4 commenti:

  1. Scusa se posto qui il commento al post precedente, ma il server mi ha dato uno strano errore.. boh..

    comunque:

    anche considerando l'orgoglio un espediente per conservare la stima di sè non si elimina il pericolo che esso venga usato per proteggersi da verità che in passato abbiamo misconosciuto e che pertanto non abbiamo alcuna voglia di riconoscere. da ciò la difficoltà di cambiare idea di cui hai parlato nel post.
    al di là della questione terminologica (secondo me l'orgoglio si definisce così, secondo me colà) io volevo sottolineare che il moto dell'animo che spinge a non accettare i fatti e a rimanere ancorati a proprie concezioni indimostrate, o addirittura a proprie concezioni smentite dai fatti, è un difetto, qualcosa di negativo che non è utile tenere sotto controllo se si vuole ricercare la verità, fare della scienza, considerarsi meritevoli di essere uomini, e orgogliosi di esserlo.
    le citazioni letterarie che mi hai proposto mi lasciano piuttosto indifferente, dal momento che non ho molta simpatia per chi anzichè argomentare autonomamente ha bisogno di rifarsi a questo o quel pensatore. un immaginario troppo pieno di concetti precostituiti non permette alla verità di farsi strada, e così tu in breve, superficialmente, mi avvicini ad un personaggio immaginario, negativo, perdendo di vista la realtà dei fatti, cioè quello che ti ho detto nelle circostanze in cui l'ho detto.
    è necessario mantenere la giusta misura: se stai parlando di me su di un determinato argomento, devi rimanere dentro a quell'argomento, con le sue ipotesi e le sue particolarità. se ne esci, se inizi a generalizzare, facilmente sbagli.
    la realtà, nella nostra discussione, ha dei confini ben precisi: si tratta di argomentare riguardo a persone che non cambiano idea di fronte a fatti che smentiscono le loro convinzioni. non c'è alcuna volontà in me di attaccare gratuitamente chi ha dosi equilibrate di autostima e non la esercita in malo modo, per imbrogliare gli altri o se stessi. ma se l'autostima è eccessiva, allora diventa un difetto che chiude gli occhi. e allora è un male. e se io lo evidenzio non è un attacco gratuito, negativo e umiliante. è un'osservazione necessaria.
    in parole povere puoi accettare il mio attacco contro l'orgoglio se ti trattieni dall'ipostatizzare e dall'assolutizzare. non fare di un'osservazione, che vale per un caso specifico, una legge generale ed eterna. rimani con i piedi per terra, non perdere il senso della misura, non diventare fanatico. non delirare.
    purtroppo buona parte delle persone che hanno tanto tanto bisogno dell'orgoglio per vivere tendono a perdere il senso della misura e vi si attaccano con un fanatismo che rasenta la follia.
    non c'è nulla di buono in un atteggiamento del genere.
    l'equilibrio è importante. gli eccessi conducono solo alla violenza contro se stessi, contro i fatti, contro gli altri.

    infine hai scritto: - mi ha colpito il tuo timore che"chi sta sbagliando non si senta sufficientemente criticato e non giunga mai a ravvedersi, a cambiare la propria teoria..", che tu trovo sinistro ma infondato, perché la gente è assai lesta a sottomettersi alle opinioni prevalenti -

    Non capisco il doppio salto mortale carpiato che hai fatto fare al ragionamento. Quel che intendevo dire era che, appunto come tu dici, le gente tende a sottomettersi alle opinioni prevalenti. Ma se le opinioni prevalenti sono formate da persone in preda a overdose di autostima, che si intromettono nella valutazione di una persona o di una situazione senza conoscerne bene l'essenza, allora queste opinioni prevalenti impediscono a chi si sia comprtato male di rendersene conto, appunto perchè egli tenderà a conformarsi all'opinione, o meglio all'ignoranza, degli altri. Di questa caratteristica dell'umanità c'è molto da essere spaventati, a mio vedere. E anche disgustati.

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  2. pardòn, "l'orgoglio è qualcosa di negativo che è utile tenere sotto controllo se si vuole ricercare la verità"

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  3. Mi sembra che soffriamo di un'incomunicabilità che avrebbe fatto invidia a Sartre. Per esempio, non mi ero neppure accorto che l'argomento fossi tu. Pensavo che l'argomento fosse l'orgoglio e l'ipocrisia. E comunque a me piace spaziare e generalizzare. E mi piacciono le citazioni, tanto è vero che ho tutta una rubrica "La frase migliore che ho letto oggi" (che cercherò di riprendere). E, dovendo scegliere, preferisco avere a che fare le persone con overdose di autostima che con quelle che si sentono piccole piccole. E il senso della misura onestamente non è mai stato il mio forte. Con questo dico che hai tutto lo spazio che vuoi per esprimere la tua visione della vita, ma se speri in qualche mia resipiscenza o conversione stai proprio sprecando tempo.

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