martedì 6 luglio 2010

C'è un limite all'altruismo, nessuno all'egoismo

Gli ipocriti dicono di “ubbidire” ai princìpi morali, ai sentimenti e ad altre ragioni nobili che impedirebbero loro di agire in modo diverso da come fanno – o dicono di fare. Nella realtà, se sono esseri umani come gli altri, gli ipocriti saranno guidati dai loro interessi, come i soldati tedeschi che decidevano se ubbidire al Führer o no in funzione di cosa avrebbero potuto ricavarci.

Non dubito che gli esseri umani abbiano in loro scintille di altruismo. Per esempio, gli psicologi moderni hanno raccolto evidenze convincenti di un nostro istinto a ricambiare i favori ricevuti e ad aiutare gli estranei in difficoltà (passanti che cadono, donne aggredite, ecc.). Comunque, i nostri bisogni egoistici – materiali od emotivi – dominano nel lungo termine la nostra condotta verso chiunque non sia nostro figlio o un altro parente strettissimo.

Gli economisti hanno dato un nome gentile a questa predilezione per noi stessi e la nostra cerchia: “altruismo limitato”. Tecnicamente, l’altruismo limitato è il fenomeno per cui quando siamo altruisti, lo siamo solo in una certa quantità, mentre quando siamo egoisti lo siamo senza limiti. Prendete San Martino, venerato dai cristiani per la sua generosità. Dice la tradizione che in un giorno d’inverno San Martino incontrò un mendicante seminudo e infreddolito. Il santo, che all’epoca era soldato, estrasse la spada, tagliò il suo mantello in due parti e ne diede una al mendicante. Vedete che l’altruismo di San Martino, pur fuori dal comune, si fermò al 50% del bene. Un egoista se lo sarebbe tenuto tutto (100%).

Se questi sono i santi, dovete aspettarvi che nella massa della popolazione la percentuale di altruismo sia ancora più bassa. E infatti le stime internazionali dicono che le donazioni filantropiche private si fermano all’1,85% del PIL nel paese più munifico, gli Stati Uniti. Significa che gli americani spendono per sé e per la loro famiglia 98 dollari e 15 centesimi ogni 100 dollari di reddito. In Italia, uno dei paesi più avari, le donazioni sono lo 0,11% del PIL.

Alcuni studiosi affermano che una misura precisa della generosità di un paese dovrebbe includere, oltre alle donazioni, le ore di volontariato svolte dai cittadini. In realtà, non è detto che il volontariato sia una forma di altruismo, dato che i volontari operano in associazioni dove possono appagare, sia pure lavorando, i bisogni di contatto umano che altri sfogano organizzando una festa con gli amici. Inoltre, il volontariato può procurare contatti utili per gli affari. L’economista Robert Frank ha scoperto che i volontari che si offrono di raccogliere fondi per le cause benefiche, visitando porta a porta le case del quartiere dove abitano, sono in numero sproporzionato agenti assicurativi, immobiliaristi e venditori di auto.

Le stesse donazioni in denaro potrebbero essere meno altruistiche di quanto appaia. John List, un altro economista, ha scoperto che i contributi in denaro degli uomini aumentano fra il 50 e il 100% quando il volontario che li visita è una giovane donna attraente.

Comunque, assumiamo pure che sia le donazioni, sia le ore di volontariato sgorghino dall’amore per il prossimo. Sommando i due valori, il paese complessivamente più altruista (l’Olanda) non supera il 4,95% del PIL. L’Italia, che ad ascoltare i nostri politici è la terra del volontariato, tocca solo lo 0,91%, in coda a quasi tutti i paesi sviluppati (e all’Uganda: 1,12%).

Potreste obiettare che l’altruismo non si esprime solo nelle donazioni e nel volontariato, ma anche nei piccoli gesti, in un sorriso, nel pregare per gli infelici. Però questa obiezione, più che aiutare l’altruismo, lo degrada a un sentimento che si manifesta solo se non ci sono spese.

(Parti precedenti / Continua)

4 commenti:

  1. Tutto vero e vale anche per chi gestisce un blog (chessò, di divulgazione scientifica) quando dichiara il suo gratuito impegno nel disseminare cultura

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  2. Capisco. Un dito alla divulgazione, e gli altri nove alla bieca carriera universitaria.

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  3. calma, si può fare un blog di divulgazione scientifica senza neppure un dito nella carriera universitaria.
    Non sono sicura che il volontariato sia sempre un altruismo, fare qualcosa insieme a gente simpatica da soddisfazione in generale, no?

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  4. Forse bisogna fare un blog di divulgazione scientifica senza dita nella carriera universitaria: niente conflitti di interesse, niente sottomissione alle forze del male accademiche, ecc. Il volontariato: assolutamente sì, in buona compagnia da più soddisfazione e in genere riesce anche meglio.

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