Un esempio è fornito dalle nostre reazioni al rischio. Alcune ricerche mostrano che i residenti di un paese a valle di una diga sono certi che il crollo sia impossibile: accolgono come un oracolo tutte le rassicurazioni dei tecnici (pagati dai proprietari dell’opera) e attribuiscono i tragici crolli delle dighe del passato a guasti irripetibili. In realtà c’è sempre il rischio che una diga crolli, così come c’è il rischio che l’aereo su cui state volando cada, o che la corda dell’ascensore in cui siete entrati si spezzi. Però odiamo soffermarci su questi pensieri. Così, o cancelliamo il rischio dalla mente, e ci comportiamo come fossimo invulnerabili alla sfortuna, o cancelliamo le rassicurazioni, e ingigantiamo il rischio fino a renderlo intollerabile. Avete così i paurosi che non prendono l’aereo, che salgono otto piani di scale a piedi pur di evitare l’ascensore, o che abbandonano il paese dove hanno costruito la diga.
Un secondo esempio è il “belief overkill”, la nostra tendenza a credere che tutti i valori siano in accordo. Un ambientalista che chiede fonti di energia pulite tenderà a pensare che siano anche meno costose di quelle tradizionali. Un oppositore alla pena di morte tenderà a convincersi che, oltre che immorale, sia anche inefficace come deterrente. Il belief overkill è un rifiuto dei dilemmi, e in particolare della possibilità che ciò che è ingiusto possa funzionare, o ciò che è giusto fallire. Una cosa ha tutti gli attributi positivi o tutti gli attributi negativi. I valori cantano in coro.
Nel 2003 il cardinale Alfonso Lopez Trujillo disse alla BBC che il virus dell’AIDS è piccolo e può attraversare la parete del preservativo. È escluso che Trujillo lo abbia letto in qualche ricerca seria. L’unico rischio è che il preservativo si rompa; altrimenti, il lattice di cui è fatto è impermeabile sia agli spermatozoi sia ai virus. È probabile che il cardinale sia stato vittima di belief overkill (il preservativo è immorale, quindi non funziona), accompagnato da un’ignoranza coltivata degli studi medici che avrebbero potuto aprirgli gli occhi.
All’epoca, Trujillo guidava il Pontificio Consiglio per la Famiglia, l’organismo del Vaticano che gestisce i programmi per l’educazione sessuale dei giovani e i corsi di preparazione al matrimonio.
Un terzo esempio è la “sospensione dell’incredulità”, la facoltà che secondo i teorici della letteratura ci permette di fruire i romanzi: il lettore sa che i personaggi sono immaginari, eppure gode e soffre con loro come fossero reali. Anche il cinema e il teatro ci suscitano la stessa reazione, tanto che al termine di un film con un finale aperto discutiamo con i nostri compagni di visione di cosa accadrà ai personaggi in seguito. Una discussione irrazionale, dato che i personaggi non hanno vita fuori dall’opera.
A volte l’incredulità permane: l’opera è malfatta e non riusciamo a concederle realtà. Se è un romanzo, notiamo la scelta delle parole, la costruzione dei dialoghi, la tecnica narrativa e tutti gli artifici dell’autore che avrebbero dovuto restare invisibili. Se è un film, ogni scena diventa ridicola e iniziamo a dire battute sarcastiche sugli attori e il regista. Notate la polarizzazione: o una storia ci coinvolge o ci pare una becera finzione meccanica.
La credulità verso l’ipocrisia ha qualcosa di tutti e tre questi esempi. Uno, c’è sempre il rischio che una persona non sia chi dice di essere. A volte sfoderiamo il principio di precauzione e teniamo quella persona al largo; altre volte cancelliamo il rischio dalla mente e ci lasciamo imbrogliare.
Due, il buon ipocrita ha l’abilità di presentarsi bene: sorride, è amichevole, ha un aspetto tranquillizzante. Possiamo credere che sia anche onesto per belief overkill.
Tre, l’ipocrisia è una recita e può farci sospendere l’incredulità. Una parte del nostro cervello sa che stiamo assistendo a una messa in scena, un’altra l’accetta come reale. Se a teatro cercaste di convincere i vicini di posto che l’attore non potrà mai entrare nel castello (“è un fondale di cartapesta!”) li irritereste, e l’irritazione nasce dal fatto che volete indurli a un’inutile dissonanza cognitiva. La stessa irritazione manifestano i cattolici se criticate il papa che predica contro il superfluo, notando che ha in testa un ermellino.
Inoltre l’ipocrisia polarizza, proprio come la dissonanza cognitiva. L’ipocrita è lodato finché è creduto e insultato quando cade in disgrazia. È adorato dai compagni e detestato dai rivali, i quali a loro volta adoreranno qualche ipocrita detestato dai primi. Pensate alle campagne elettorali, che sono gare di ipocrisia fra i partiti, dove ogni militante si scandalizza delle promesse irrealistiche degli avversari, e difende come il Piave le promesse irrealistiche dei suoi candidati.
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Sarebbe interessante sapere se la "dissonanza cognitiva" sia anche la causa della difficoltà che hanno moltissime persone nel ragionare in termini di probabilità e nell'accettare l'incertezza. Primo Levi durante la "guerra fredda" notava come l'opinione pubblica tendeva a dividersi in due fronti: "Ci sarà sicuro la terza guerra mondiale" oppure "Non ci sarà mai una guerra" e che una cosa simile lui l'aveva notata nei campi di concentramento dove i deportati si dividevano in quelli che affermavano: "Ci ammazzeranno tutti" ed in quelli che sostenevano convinti: "Vedrete che ci salveremo tutti". Leo Rotundo
RispondiEliminaE' probabile (ops) che sia così. Gli esempi che citi mi sembrano perfetti. Senza dubbio il ragionamento probabilistico è assai innaturale, forse perché di solito non ci sono differenze pratiche fra credere che, poniamo, pioverà al 51% oppure al 100%. In entrambi i casi ti prendi l'ombrello.
RispondiEliminaGreeat post thank you
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