martedì 20 luglio 2010

Credulità e dissonanza cognitiva

Molti studi hanno portato alla luce una nostra resistenza ad accettare informazioni discordanti. Se due segnali vanno in direzioni opposte, sentiamo un disagio che gli psicologi chiamano “dissonanza cognitiva”, dal quale usciamo scartando uno dei due segnali. Il risultato è una visione assolutista dove c’è solo il segnale residuo.

Un esempio è fornito dalle nostre reazioni al rischio. Alcune ricerche mostrano che i residenti di un paese a valle di una diga sono certi che il crollo sia impossibile: accolgono come un oracolo tutte le rassicurazioni dei tecnici (pagati dai proprietari dell’opera) e attribuiscono i tragici crolli delle dighe del passato a guasti irripetibili. In realtà c’è sempre il rischio che una diga crolli, così come c’è il rischio che l’aereo su cui state volando cada, o che la corda dell’ascensore in cui siete entrati si spezzi. Però odiamo soffermarci su questi pensieri. Così, o cancelliamo il rischio dalla mente, e ci comportiamo come fossimo invulnerabili alla sfortuna, o cancelliamo le rassicurazioni, e ingigantiamo il rischio fino a renderlo intollerabile. Avete così i paurosi che non prendono l’aereo, che salgono otto piani di scale a piedi pur di evitare l’ascensore, o che abbandonano il paese dove hanno costruito la diga.

Un secondo esempio è il “belief overkill”, la nostra tendenza a credere che tutti i valori siano in accordo. Un ambientalista che chiede fonti di energia pulite tenderà a pensare che siano anche meno costose di quelle tradizionali. Un oppositore alla pena di morte tenderà a convincersi che, oltre che immorale, sia anche inefficace come deterrente. Il belief overkill è un rifiuto dei dilemmi, e in particolare della possibilità che ciò che è ingiusto possa funzionare, o ciò che è giusto fallire. Una cosa ha tutti gli attributi positivi o tutti gli attributi negativi. I valori cantano in coro.

Nel 2003 il cardinale Alfonso Lopez Trujillo disse alla BBC che il virus dell’AIDS è piccolo e può attraversare la parete del preservativo. È escluso che Trujillo lo abbia letto in qualche ricerca seria. L’unico rischio è che il preservativo si rompa; altrimenti, il lattice di cui è fatto è impermeabile sia agli spermatozoi sia ai virus. È probabile che il cardinale sia stato vittima di belief overkill (il preservativo è immorale, quindi non funziona), accompagnato da un’ignoranza coltivata degli studi medici che avrebbero potuto aprirgli gli occhi.

All’epoca, Trujillo guidava il Pontificio Consiglio per la Famiglia, l’organismo del Vaticano che gestisce i programmi per l’educazione sessuale dei giovani e i corsi di preparazione al matrimonio.

Un terzo esempio è la “sospensione dell’incredulità”, la facoltà che secondo i teorici della letteratura ci permette di fruire i romanzi: il lettore sa che i personaggi sono immaginari, eppure gode e soffre con loro come fossero reali. Anche il cinema e il teatro ci suscitano la stessa reazione, tanto che al termine di un film con un finale aperto discutiamo con i nostri compagni di visione di cosa accadrà ai personaggi in seguito. Una discussione irrazionale, dato che i personaggi non hanno vita fuori dall’opera.

A volte l’incredulità permane: l’opera è malfatta e non riusciamo a concederle realtà. Se è un romanzo, notiamo la scelta delle parole, la costruzione dei dialoghi, la tecnica narrativa e tutti gli artifici dell’autore che avrebbero dovuto restare invisibili. Se è un film, ogni scena diventa ridicola e iniziamo a dire battute sarcastiche sugli attori e il regista. Notate la polarizzazione: o una storia ci coinvolge o ci pare una becera finzione meccanica.

La credulità verso l’ipocrisia ha qualcosa di tutti e tre questi esempi. Uno, c’è sempre il rischio che una persona non sia chi dice di essere. A volte sfoderiamo il principio di precauzione e teniamo quella persona al largo; altre volte cancelliamo il rischio dalla mente e ci lasciamo imbrogliare.

Due, il buon ipocrita ha l’abilità di presentarsi bene: sorride, è amichevole, ha un aspetto tranquillizzante. Possiamo credere che sia anche onesto per belief overkill.

Tre, l’ipocrisia è una recita e può farci sospendere l’incredulità. Una parte del nostro cervello sa che stiamo assistendo a una messa in scena, un’altra l’accetta come reale. Se a teatro cercaste di convincere i vicini di posto che l’attore non potrà mai entrare nel castello (“è un fondale di cartapesta!”) li irritereste, e l’irritazione nasce dal fatto che volete indurli a un’inutile dissonanza cognitiva. La stessa irritazione manifestano i cattolici se criticate il papa che predica contro il superfluo, notando che ha in testa un ermellino.

Inoltre l’ipocrisia polarizza, proprio come la dissonanza cognitiva. L’ipocrita è lodato finché è creduto e insultato quando cade in disgrazia. È adorato dai compagni e detestato dai rivali, i quali a loro volta adoreranno qualche ipocrita detestato dai primi. Pensate alle campagne elettorali, che sono gare di ipocrisia fra i partiti, dove ogni militante si scandalizza delle promesse irrealistiche degli avversari, e difende come il Piave le promesse irrealistiche dei suoi candidati.

(Parti precedenti / Continua)

3 commenti:

  1. Sarebbe interessante sapere se la "dissonanza cognitiva" sia anche la causa della difficoltà che hanno moltissime persone nel ragionare in termini di probabilità e nell'accettare l'incertezza. Primo Levi durante la "guerra fredda" notava come l'opinione pubblica tendeva a dividersi in due fronti: "Ci sarà sicuro la terza guerra mondiale" oppure "Non ci sarà mai una guerra" e che una cosa simile lui l'aveva notata nei campi di concentramento dove i deportati si dividevano in quelli che affermavano: "Ci ammazzeranno tutti" ed in quelli che sostenevano convinti: "Vedrete che ci salveremo tutti". Leo Rotundo

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  2. E' probabile (ops) che sia così. Gli esempi che citi mi sembrano perfetti. Senza dubbio il ragionamento probabilistico è assai innaturale, forse perché di solito non ci sono differenze pratiche fra credere che, poniamo, pioverà al 51% oppure al 100%. In entrambi i casi ti prendi l'ombrello.

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