martedì 7 settembre 2010

Controllo sociale

Anche se le nostre emozioni morali sono rivolte contro gli altri, siamo sensibilissimi a queste emozioni quando gli altri le dirigono su di noi. Vi hanno mai accusato in pubblico di essere un malfattore? Di essere parziale? Sleale? Irrispettoso? Sporco? Come avete dormito la notte successiva? Se queste accuse erano vere, vi sarete sentiti avviliti come un bambino che se l’è fatta addosso. Se erano false, vi sarete rigirati nel letto temendo che qualcuno credesse al vostro accusatore.

La nostra sensibilità alle critiche altrui rimedia alla freddezza emotiva verso i nostri peccati. Non ci vuole la teoria dei giochi per capire che una società dove (a) ognuno è pronto a indignarsi delle colpe degli altri e (b) l’indignazione altrui ci tiene svegli di notte può trovare un equilibrio dove in molti evitiamo di peccare per amore della tranquillità. Questa paura del giudizio altrui svolgerà il ruolo di poliziotto interiore che le emozioni morali, eterodirette, rifiutano. Diceva il grande R.L. Mencken: “La coscienza è la voce interiore che ci dice che qualcuno potrebbe vederci”. Ovviamente, faremo tutti i peccati che siamo in grado di fare di nascosto ma, nel vasto spazio della vita che conduciamo sotto lo sguardo curioso degli altri la maggioranza di noi rinuncerà ai danneggiamenti, alle ingiustizie, alle slealtà, ai vilipendi dell’autorità e alle porcherie.

Biasimare il prossimo può essere un mezzo di controllo sociale persino più efficace delle emozioni morali autodirette che la natura non ha voluto fornirci. Immaginate un mondo dove invece tutti le avessero e inorridissero al solo pensiero di rubare una mela. Non è arduo immaginarsi questo mondo perché è proprio come la gente ama descriversi. L’orrore del furto, per quanto forte, sarebbe in dissidio interiore con la tentazione di rubare, che a sua volta può essere gagliarda (per esempio se avete fame). Un dissidio interiore è una lotta di uno contro uno. Il giudizio degli altri, invece, è una lotta di molti contro uno. Quando è più probabile che l’affamato rinunci a rubare la mela? Quando lotta contro sé stesso per non farlo, o quando è circondato da vicini pronti a manganellarlo se si avvicina all’albero?

Che il controllo sociale si fondi sul biasimare il prossimo implica che l’ipocrisia può essere benefica. L’ipocrita che fa il male in segreto ma castiga in pubblico i delitti di tutti può ridurre la quantità di azioni antisociali più del giusto che si comporta bene ma non si cura della condotta degli altri. È un’ipotesi sgradevole, ma escluderla sarebbe belief overkill ("l’ipocrisia è cattiva, quindi è dannosa").

(Parti precedenti / Continua)

6 commenti:

  1. Uff. Ti pare che qualcuno sia interessato?

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  2. Non so, dovresti controllare le statistiche del blog per quello.

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  3. Be', io sono MOLTO interessato, e anche al libro quando e se lo farai uscire. Ecco.

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  4. vedi a che serve leggere?
    a tirare fuori per lo meno un tratto che tutti neghiamo, l'ipocrisia.
    che va di pari passo con l'accettazione sociale. cosa che va di pari passo con la paura della diversità o più a fondo, della solitudine.
    non credi?

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